Curiosità storiche: la prima descrizione di una formazione anomala di cicatrici sotto forma di cheloidi fu registrata nel papiro Smith, una fonte importante delle tecniche chirurgiche praticate in Egitto intorno al 1700 a.C. Il termine cheloide, ovvero "chela di granchio", fu coniato da Alibert nel 1806, nel tentativo di illustrare il modo in cui le lesioni si espandono lateralmente dalla cicatrice originale in un tessuto normale.
Cosa sono e come si formano i cheloidi
Il cheloide è un tessuto cutaneo fibrotico che cresce in modo anomalo e si verifica nel 5-15% delle ferite. Tendono a colpire allo stesso modo entrambi i sessi, sebbene una maggiore incidenza si riscontra nelle donne, di età compresa tra i 10 e i 30 anni, negli individui con pigmentazione più scura, nelle persone di colore (dal 4,5 fino al 16%) e di razza asiatica o ispanica. I cheloidi sono una variazione del normale processo di guarigione delle ferite, soprattutto se profonde, con perdita dei meccanismi di controllo che normalmente regolano il delicato equilibrio della riparazione e della rigenerazione e una eccessiva proliferazione dei tessuti nei processi di cicatrizzazione. L’iperproduzione di proteine extracellulari come collagene, elastina e proteoglicani, è probabilmente dovuta a un prolungato processo infiammatorio all’interno della ferita. Le aree cutanee coinvolte più di frequente sono quelle più spesso sottoposte a tensioni come il torace anteriore, le spalle, e la parte anteriore del collo.Come si manifestano i cheloidi?
I cheloidi si manifestano inizialmente come lesioni eritematose prive di follicoli piliferi e altri tessuti ghiandolari normali. La consistenza può variare da morbida e pastosa a gommosa e dura. La maggior parte tende a crescere lentamente nel corso di alcuni mesi, fino ad un anno, estendendosi oltre l'area iniziale della ferita. La maggior parte dei cheloidi, alla fine, smette di crescere e rimane stabile o addirittura leggermente involuta.Qualche indicazione per prevenire la formazione dei cheloidi
La prevenzione è l’aspetto più importante da considerare nella formazione dei cheloidi. Se l’anamnesi familiare o propria del paziente dice che nel passato il suo organismo ha prodotto cicatrici anormali o cheloidee, tutti gli interventi chirurgici non necessari devono essere evitati. Al contrario, è bene fare il possibile per diminuire al minimo la tensione cutanea e le infezioni secondarie. In alcuni casi selezionati, può essere preventiva la radioterapia preoperatoria e un’eventuale terapia antibiotica per minimizzare al massimo la proliferazione batterica locale.Quali sono le terapie più efficaci per i cheloidi?
Varie tecniche possono essere messe in campo per il trattamento delle cicatrici cheloidee, ma non ci sono evidenze oggettive che una sia più efficace delle altre. Le principali sono:
- medicazioni in silicone: aumentano l’attività della collagenasi, una proteina che favorisce la riduzione del collageno, sostanza che compone principalmente il cheloide;
- compressione meccanica per diminuire la proliferazione dei fibroblasti;
- iniezione di cortisonici all’interno del cheloide per diminuirne il volume;
- asportazione chirurgica;
- utilizzo delle radiazioni, da sole o in combinazione con un intervento chirurgico, per prevenirne la riformazione. Questo intervento però è attualmente poco utilizzato;
- chirurgia del freddo o criochirurgia con azoto liquido, da sola o con in combinazione con le iniezioni di steroidi;
- laserterapia, ovvero l’utilizzo del raggio laser per diminuirne le dimensioni;
- iniezioni di interferone all’interno del cheloide, per aumentare l’attività della collagenasi;
- utilizzo interno di 5-fluoruracile, un chemioterapico, che si usa anche nella terapia dei tumori per diminuire la proliferazione delle cellule;
- applicazioni di crema contenente imiquimod, un immunomodulatore, un farmaco che agisce sul sistema immunitario al fine di diminuirne le dimensioni.
Come già ricordato, non esiste una terapia più efficace di altre, soprattutto perché, ad oggi, non è ancora chiaro come esattamente si sviluppino. È bene pertanto che siano valutati da un team che comprende medico curante, dermatologo e chirurgo plastico
Fonti
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